Distribuzione, denuncia Cgil: «Pressioni indebite dalle aziende»

Esito a macchia di leopardo allo sciopero della grande distribuzione in Fvg. A commentare i primi dati è la segretaria regionale della Filcams-Cgil Susanna Pellegrini, che parla di «buoni risultati nelle province di Gorizia e Pordenone, in particolare nelle coop, più tiepidi nel resto della regione». A incidere sulla partecipazione, secondo Pellegrini, «anche le forti pressioni delle aziende nei confronti dei lavoratori, resi peraltro più ricattabili dalla miriade di tipologie contrattuali che caratterizzano il settore, e strategie al limite della condotta antisindacale, contro le quali valuteremo se agire in sede giudiziaria».
Oltre a puntare il dito sulle aziende, sia tra quelle aderenti a Federdistribuzione che tra le cooperative, Pellegrini ribadisce le ragioni di uno sciopero proclamato per rivendicare il diritto a un contratto che i lavoratori attendono da quattro anni. «Un contratto che Federdistribuzione si ostina a non riconoscere ““ dichiara ancora Pellegrini ““ imponendo invece l’applicazione di quello che di fatto non è un contratto ma un semplice regolamento associativo, residuo del precedente Ccnl terziario, distribuzione e servizi, scaduto nel 2013, e riconoscendo ai lavoratori solo acconti non contrattati e sensibilmente inferiori rispetto al contratto nazionale terziario, distribuzione e servizi siglato con Confcommercio nel 2015. Gravissimo anche l’atteggiamento delle coop, a maggior ragione da parte di un gruppo che dovrebbe ispirarsi ai valori della cooperazione, e che invece, oltre a negare ai lavoratori adeguati incrementi salariali, punta anche a modifiche peggiorative su materie come la malattia o il calcolo degli straordinari e al il mantenimento di doppi regimi tra neoassunti e lavoratori con maggiore anzianità  aziendale».
Sull’atteggiamento delle parti datoriali usa parole dure anche il segretario generale della Cgil Fvg Villiam Pezzetta: «Il modo in cui le coop e Federdistribuzione stanno portando avanti le vertenze sui rispettivi contratti ““ dichiara ““ è frutto di una strategia che continua a puntare sulla deregulation del settore e delle condizioni di lavoro come una ricetta obbligata per un rilancio dei consumi che invece non c’è stato. Gli unici effetti veri di scelte come le aperture selvagge sono la crescita del lavoro povero e precario, con effetti pesanti in particolare sui neoassunti e sulle donne, che rappresentano il 70% dell’occupazione nel settore, e la cannibalizzazione del comparto, con la chiusura di tanti piccoli esercizi commerciali, anche in questa regione, che è ai vertici nazionali per impatto della grande distribuzione sul territorio. Una condotta, questa, tanto più grave se viene portata avanti anche da chi dovrebbe ispirarsi, tanto nei confronti dei clienti che dei soci lavoratori, anche nei confronti  alla grande tradizione e ai valori della cooperazione».