La priorità  è la salute di lavoratori e cittadini

«In
questo momento la priorità  è la salute dei lavoratori e di tutta la
cittadinanza: se il Friuli non è Bergamo, come sostiene la presidente di
Confindustria Udine, è proprio perché abbiamo potuto adottare
restrizioni e contromisure prima che la diffusione del contagio
assumesse dimensioni difficilmente controllabili. Allentare la presa
adesso, come ci ricorda la comunità  scientifica, significherebbe
vanificare tutti gli sforzi fatti finora». I segretari territoriali di
Cgil, Cisl e Uil Udine, Natalino Giacomini, Renata Della Ricca e
Fernando Ceschia, respingono così le ipotesi di accelerazione della
cosiddetta fase due, ventilate dalla presidente di Confindustria Udine
Anna Mareschi Danieli. «Esiste un tavolo e un dialogo costante con i
prefetti ““ dichiarano ancora i tre segretari ““ per monitorare la
situazione e il rispetto del Dpcm del 22 marzo: è su queste basi che
dobbiamo continuare a collaborare, senza tentativi più o meno espliciti a
escludere il sindacato e senza favorire un ricorso facile alle
deroghe».
A
ribadire il concetto i segretari regionali Villiam Pezzetta (Cgil),
Alberto Monticco (Cisl) e Giacinto Menis (Uil): «Le condizioni e i tempi
per la riapertura delle attività  economiche oggi chiuse per l’emergenza
Coronavirus ““ dichiarano ““ dovranno essere dettate dal Governo, sulla
base delle indicazioni di scienziati ed epidemiologi e dopo un
indispensabile confronto con i vertici nazionali di sindacati e
associazioni imprenditoriali, come del resto già  avvenuto prima del lockdown. In
questo momento ““ aggiungono ““ la priorità  resta quella di vigilare,
assieme ai Prefetti, sulla corretta gestione del Dpcm del 22 marzo,
perché l’obiettivo è fermare il contagio e garantire la salute di
lavoratori e cittadini». Quanto a eventuali provvedimenti di riapertura
nelle prossime settimane, e fermo restando che dovranno essere decisi
dal Governo, per Cgil, Cisl e Uil «bisognerà  riaprire dentro un quadro
di regole condivise sia sulle misure necessarie a garantire la tutela
dei lavoratori sia sui settori autorizzati a ripartire, in aggiunta a
quelli già  non soggetti all’obbligo di chiusura».
Ecco
perché i sindacati chiedono di definire in anticipo strumenti e sedi
per garantire che tutto questo avvenga, in ogni territorio, «con la
rigorosa applicazione dei protocolli di sicurezza e con il pieno
coinvolgimento di tutti i soggetti coinvolti, rappresentanze sindacali,
aziendali, autorità  sanitarie e naturalmente istituzioni, con
l’obiettivo di garantire il rispetto delle regole in tutte le aziende».
Se da un lato quindi i sindacati dicono sì alla definizione di tavoli di
confronto a livello regionale e territoriale, ribadiscono anche che
«non sono minimamente ipotizzabili riaperture su base locale, tanto più
in una regione che nel far fronte all’emergenza ha adottato misure più
restrittive di quelle nazionali e che del resto non avrebbe facoltà  di
agire in senso opposto, allentando le prescrizioni». Da qui le critiche
alle esternazioni della presidente di Confindustria Udine: «Sentiamo
parlare di tamponi fai da te da parte delle aziende o di coinvolgimento
dell’esercito nei controlli, salvo dimenticarsi di citare la necessità 
di proseguire sulla strada del confronto con tutte le parti coinvolte.
Sono fughe in avanti ““ dichiarano Pezzetta, Monticco e Menis ““ il cui
unico effetto è di creare inutili tensioni tra i lavoratori e nel
dialogo tra imprese e sindacati. Se la preoccupazione per le ricadute
economiche dell’emergenza è condivisa ““ concludono i tre segretari ““ e
se la pur vasta disponibilità  di misure e sostegno non basta a garantire
le esigenze di liquidità  di molte imprese e i redditi dei lavoratori,
in particolare tra le piccole e piccolissime imprese dell’artigianato e
del terziario, deve essere condiviso anche l’obiettivo di fermare
un’epidemia che continua a mietere migliaia di vittime e che, se non
sarà  arrestata, congelerà  anche qualsiasi aspettativa di ripresa
economica e sociale».