Le incognite sulla ripresa

Il prodotto interno regionale annunciato in crescita del 6%, la cassa integrazione che pur restando su valori alti risulta dimezzata rispetto al 2020, sia in regione che in provincia di Udine, un export in forte crescita non solo sul 2020 (+30%), ma anche sul 2019 (+23%). Da questi dati, analizzati commentati dal segretario regionale della Cgil Villiam Pezzetta, la conferma di un 2021 che si è chiuso all’insegna della ripresa per la nostra regione. Nelle parole del segretario, che ieri ha diffuso un lungo e dettagliato comunicato stampa, c’è però anche la preoccupazione per la fragilità  della ripresa in atto, condizionata da una forte diffusione del lavoro precario, dalla crescita dei prezzi delle materie prime, purtroppo anche da una recrudescenza dei contagi che in questi giorni tocca numeri allarmanti e rischia di condizionare anche la disponibilità  di manodopera. «Tra persone senza Green pass, contagiati e in quarantena ““ spiega Pezzetta ““ manca all’appello una percentuale compresa tra 10 e il 15% dei lavoratori dipendenti, con criticità  anche in settori come la sanità  e la scuola, dove la percentuale di vaccinati è più alta ma è maggiore anche l’esposizione al rischio contagi. Quanto ai settori privati, i protocolli di sicurezza continuano a garantire il contenimento dei contagi sul lavoro entro valori minimi, appena il 3,6% sui contagi complessivi, ma la situazione generale potrebbe aggravare le criticità  per le aziende già  in situazione di carenza di manodopera».
A destare allarme anche l’impennata degli infortuni (+11% la crescita registrata tra 2021 e 2020, ma del 37% al netto dei casi Covid) e in particolare di quelli mortali, ben 27 tra gennaio e novembre dello scorso anno, a fronte dei 16 del 2020: «Sono dati ““ commenta Pezzetta ““ che rispecchiano una ripresa troppo basata sulla precarietà , sulla scarsa qualificazione del lavoro e sull’intensificazione dei ritmi produttivi, spesso anche a danno della prevenzione e della sicurezza. Se vogliamo che gli infortuni tornino a scendere c’è bisogno di un rispetto più diffuso delle regole, di più vigilanza da parte degli organismi preposti, dalle aziende sanitarie agli ispettorati del lavoro, di maggiori investimenti sulla formazione, sulla prevenzione e sulla promozione della cultura della sicurezza tra le aziende e i lavoratori».