Montagna, Recovery Fund e Mes per invertire la rotta e sostenere il rilancio

Il recovery fund
come opportunità  imperdibile per il rilancio del territorio montano.
Non soltanto in termini di infrastrutture, industria sostenibile e
turismo, ma anche di welfare, dal momento che, connesso a un calo
demografico che dal censimento del 2011 sfiora il 10% montagna udinese e
incomincia a farsi sentire anche nella fascia montana e pedemontana
pordenonese, si rileva anche un progressivo declino dei servizi, a
partire da quelli sociosanitari. A lanciare l’allarme sono i segretari
provinciali del Sindacato pensionati Cgil di Udine e Pordenone, rispettivamente Enrico Barberi e Giuliana Pigozzo, assieme ai rappresentanti delle leghe territoriali dell’Alto Friuli e di Maniago-Spilimbergo.
Che sollecitano i sindaci a farsi parte attiva, nei confronti della
Regione, per un grande piano di rilancio economico e sociale della
montagna, «per contrastare ““ spiegano Barberi e Pigozzo ““ un degrado che
l’emergenza Covid rischia di accelerare i processi già  in atto: spopolamento, carenza dei servizi di prossimità , trasporti, lavoro e giovani in fuga, forte invecchiamento della popolazione».
ALLARME WELFARE.
Numeri e prospettive della montagna, oltre all’impatto dell’emergenza
Covid, sono stati al centro di un incontro tra le due segreterie
provinciali dello Spi, tenutosi nei giorni scorsi a Gemona. Ne è emersa
una situazione sempre più preoccupante, in particolare per le condizioni
delle persone anziane, che nell’area montana costituiscono ormai il 30% dei residenti.
Carenze di medici di base, distanza e carenza dei presidi sanitari e
socio-sanitari, fragilità  della rete di prevenzione, trasporti carenti.
Queste alcune delle principali criticità  evidenziate sul fronte welfare
dai pensionati Cgil, che chiedono alla politica e alle istituzioni, Regione e comuni in primis, «più attenzione ai bisogni delle popolazioni e al futuro della montagna, con soluzioni che non siano calate dall’alto, ma che devono essere frutto di confronto con il territorio e con i portatori d’interesse, sia sul versante economico che su quello delle politiche sociali».
LE RISORSE. A fianco del recovery fund,
che può e deve rappresentare un volano per gli investimenti strategici
per il Paese e la regione, sono anche altri gli strumenti indicati dal
sindacato per invertire la tendenza al declino economico, demografico e
sociale: «Il Mes ““ spiegano Barberi e Pigozzo ““ rappresenta una
risorsa prezioso per indirizzare gli investimenti in sanità  su quegli
obiettivi di rafforzamento dei servizi territoriali e della prevenzione
che devono costituire  l’asse centrale per una strategia sanitaria
efficace e lungimirante, ma tuttora largamente inattuati. Obiettivi
tanto più importanti in un territorio come quello montano, dove solo una
riorganizzazione “diffusa” del nostro sistema socio sanitario può dare
una risposta efficiente alle sfide poste dalla difficoltà  dei
collegamenti, dall’invecchiamento della popolazione e dalla diffusione
delle patologie croniche».
12 MILIONI FERMI.
Ciò che risulterà  decisivo, per lo Spi-Cgil, sarà  la capacità  di tenere
insieme le politiche economiche con quelle socio-sanitarie, «perché è
evidente ““ sottolineano ancora i segretari dello Spi di Udine e
Pordenone ““ che per invertire la rotta e garantire un futuro alla
montagna servono investimenti, interventi per la messa in sicurezza e la valorizzazione del territorio, politiche per la scuola e per la formazione capaci di dare prospettive di lavoro ai giovani e di valorizzare competenze e professionalità ». Obiettivi, questi, che rientravano tra gli assi d’intervento del programma Aree interne, finanziato con risorse comunitarie, europee e regionali che risultano tuttora largamente inutilizzate. Circa 12 milioni di euro destinati a 43 comuni della montagna friulana,
molti dei quali caratterizzati da un tasso molto accentuato di calo
demografico, sul cui impiego, o mancato impiego, il sindacato sollecita
«verifiche e riflessioni approfondite».