Sciopero del legno, centinaia in piazza a Udine

Più salario e più contrattazione, anche nelle fabbriche, perché dosi
massicce di flessibilità  senza confronto con i lavoratori non sono la
strada per uscire dalla crisi. Questo il grido lanciato oggi dai
lavoratori dell’industria del legno e del mobile, scesi in piazza nel
giorno dello sciopero nazionale di otto ore, proclamato da Fillea-Cgil,
Filca-Cisl e Feneal-Uil contro il blocco della trattativa sul rinnovo
contrattuale Federlegno.
Alla manifestazione indetta dai sindacati
regionali, tenutasi questa mattina davanti alla sede di Confindustria
Udine, hanno partecipato diverse centinaia di lavoratori, espressione di
un settore che in regione è secondo soltanto alla meccanica per numero
di addetti ““ 18.000, di cui oltre la metà  interessati dallo sciopeo di
oggi ““ e conta alcuni dei nomi di più prestigiosi dell’industria
regionale, come Snaidero, Calligaris, Fantoni, Ilcam, Friulintagli, e
due tra i principali distretti industriali del settore a livello
nazionale (Manzanese e Livenza).
«Il forte peso specifico del legno
nell’ambito del manifatturiero regionale ““ spiegano i segretari
regionali Emiliano Giareghi (Fillea-Cgil), Gianni Barchetta (Filca-Cisl)
e Mauro Franzolini (Feneal-Uil) ““ conferisce allo sciopero e alla
manifestazione di oggi un ruolo che travalica i confini del settore, in
una fase in cui molti dei principali comparti del manifatturiero e del
terziario devono fare i conti, come il legno-arredo, con contratti molto
difficili da rinnovare. Da qui la scelta di manifestare davanti alla
sede degli industriali, consapevoli che le posizioni rigide assunte da
Federlegno in sede di trattativa trovano larga condivisione all’interno
di Confindustria».
Tanti i vuoti nelle fabbriche oggi, ma non legati
soltanto allo sciopero, che sta registrando un’adesione media stimata
dai sindacati oltre al 50%, con punte tra il 60 e il 70% in alcune
realtà  come Bipan, Gervasoni e Colombin. Pesa anche il ricorso ancora
massiccio agli ammortizzatori sociali, vedi Snaidero, a testimonianza di
una crisi che nel solo legno-arredo ha cancellato almeno 5mila posti in
regione dal 2008 e che tuttoggi non può ancora dirsi superata.
Ma le
difficoltà  del settore, sostengono Fillea, Filca e Feneal, non possono
essere il prestesto per comprimere salari e diritti dei lavoratori: «La
proposta di 40 euro di aumenti, che Federlegno considera tra l’altro
provvisori e quindi restituibili in caso di inflazione zero, è
semplicemente irricevibile, non solo per la distanza dalle richieste dei
sindacati, dai 70 ai 100 euro, ma anche perché abbinata alla pretesa
della nostra controparte di innalzare da 80 a 140 ore, e senza
contrattazione con le Rsu, il ricorso alla flessibilità  in fabbrica»,
dichiarano ancora i segretari regionali. Convinti che investire sulla
professionalità  e sulla qualità  del lavoro «è una condizione
indispensabile per il rilancio di un comparto che resta e deve restare
una delle massime espressioni del made in Italy».